Nel lungo periodo della riforma del Terzo settore, alla cui piena operatività manca ancora l’Autorizzazione europea necessaria per la completa entrata in vigore di tutto il Titolo X del codice del Terzo settore, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali continua a rispondere ai molti quesi-ti sull’interpretazione di numerosi aspetti della “nuova” disciplina. Tra questi segnaliamo la previsione in forza della quale “le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemen-te dalla destinazione urbanistica”.
L’ambito soggettivo è limitato agli enti del Terzo settore, cioè:
• Enti qualificati come enti del Terzo settore, secondo la definizione dettata dall’art. 4, comma 1 del codice, e che siano iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore (Runts);
• Organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione sociale (Aps) già iscritte negli appositi registri che, secondo le previsioni dell’art. 54 del codice, sono state oggetto di tra-smigrazione nel Runts;
• Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) iscritte nell’omonima anagrafe.
Dal momento che il quesito riguardava un’associazione sportiva dilettantistica per la quale era in corso l’accertamento della qualifica come ente di Terzo settore, il Ministero puntualizza che non rientrano nel Terzo settore le associazioni e le società sportive dilettantistiche (Asd e Ssd) così co-me gli altri enti iscritti nel registro Coni (ora sostituito dal registro nazionale delle attività sportive dilet-tantistiche, tenuto dal Dipartimento per lo Sport), a meno che non siano in possesso della qualifica di Ets. Precisa, inoltre, che l’agevolazione disposta dall’art. 71 si applica solo dopo l’acquisizione del-la qualifica di ente del Terzo settore e fintanto che essa sussista.
Il Ministero precisa che la previsione dell’art. 71 non consente di cambiare la destinazione d’uso de-gli ambienti nei quali gli Ets svolgono la loro attività istituzionale, e ciò per due motivi:
– Se l’utilizzo di un immobile da parte di un Ets avesse come conseguenza l’effetto di determinar-ne il cambio di destinazione d’uso questo avrebbe carattere permanente e, sarebbe efficace anche nei confronti di successivi utilizzatori non in possesso della qualifica di Ets. Si tratterebbe di un’interpretazione difforme dalle finalità della norma che deve operare solo in favore dei sog-getti individuati e che invece estenderebbe la “sua applicabilità a soggetti altri con conseguente sua trasformazione in norma di carattere generale”.
– Si tratta di una disposizione di carattere speciale che prevale sulla norma urbanistica secondo la quale “costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria”, anche se non con-seguente all’esecuzione di opere edilizie, “purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale”. Questa compatibilità con tutte le destinazioni consente agli Ets di utilizzare gli ambienti per lo svolgi-mento delle attività di interesse generale.
La terza nota del Ministero riguarda un caso piuttosto particolare che offre la possibilità di delinea-re il rapporto che può esistere tra attività di interesse generale ed attività di culto in un Ets e di af-frontare alcuni aspetti di carattere generale riguardanti gli enti religiosi civilmente riconosciti e la specifica disciplina di questi soggetti nell’ambito della Riforma del Terzo settore. La nota afferma che una celebrazione solo occasionale non è nemmeno in grado di poter determinare un diverso “oggetto sociale” dell’ente e, dunque, può essere promossa dall’ente di Terzo settore e può essere svolta negli ambienti in cui l’ente svolge la propria attività istituzionale, anche avvalendosi del regime di favore dell’art. 71. Il Ministero ben distingue la situazione degli “enti religiosi civilmente riconosciu-ti”, ai quali è consentito avvalersi della normativa del Terzo settore limitatamente alle attività istitu-zionali di interesse generale ed alle eventuali attività diverse di cui all’art. 6 sul presupposto che sus-sistano anche, e necessariamente, attività di religione o culto.
Fonte: Cantiere Terzo Settore