Sulla Gazzetta ufficiale del 2 novembre è apparso il correttivo al decreto di riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo. Si tratta di uno dei cinque pilastri su cui si fonda la più complessiva riforma dell’ordinamento sportivo. Sulla sua entrata in vigore ci sono ancora dubbi: è prevista per il primo gennaio 2023 ma significative sono le pressioni per ottenerne la posticipazione che potrebbe essere formalizzata nella prossima legge di bilancio.
Vi sono tre importanti aspetti del correttivo, ossia:
• l’armonizzazione tra riforma dell’ordinamento sportivo e codice del Terzo settore;
• la disciplina dei cosiddetti lavoratori sportivi;
• l’individuazione dei soggetti che possono acquisire la qualifica di organizzazioni sportive.
È stato inoltre affermato che gli enti del Terzo settore del mondo sportivo devono indicare nello statuto lo “svolgimento stabile dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”, ma è possibile svolgere anche altre attività di interesse generale, non essendo necessario in questo caso che quella sportiva sia l’attività principale.
Per quanto concerne i lavoratori si evidenziano tre aspetti:
• La norma che garantisce alle organizzazioni sportive la possibilità di avvalersi di collaborazioni coordinate e continuative rimane immutata;
• I lavoratori sportivi sono soggetti ad una disciplina speciale;
• Le collaborazioni amministrativo-gestionali non sono prestazioni di lavoro sportivo ma accedono ad agevolazioni fiscali e previdenziali.
Per comprendere le ragioni della riforma delle collaborazioni in ambito sportivo è necessario analizzare il contesto in cui nasce.
La maggior parte delle organizzazioni sportive si è avvalsa negli anni del cosiddetto compenso sportivo, un istituto qualificato sotto il profilo fiscale come reddito diverso. Essendo privo di una definizione giuslavoristica, l’istituto è stato soggetto ad interpretazioni non uniformi, per questo motivo c’è stata la necessità sia di disporre di un quadro normativo chiaro, per non lasciare le organizzazioni nel limbo del contenzioso, che di garantire tutele ai lavoratori dello sport, una necessità esplosa durante il periodo pandemico.
Il provvedimento, prevede che nella maggior parte dei casi i lavoratori sportivi potranno essere qualificati come collaboratori coordinati e continuativi, ed introduce semplificazioni per gli adempimenti legati ai collaboratori coordinati e continuativi. Per la categoria dei lavoratori dipendenti il contratto è a tempo determinato: massimo cinque anni. Il dipendente non sarà tutelato da diverse disposizioni contenute nello statuto dei diritti dei lavoratori per la peculiarità della prestazione e per l’incidenza che riveste l’ordinamento sportivo su tutti gli aspetti sanzionatori. Inoltre, il provvedimento introduce novità anche per i dipendenti pubblici: possono svolgere attività di volontariato previa comunicazione.
Per assumere tale qualifica è necessario essere iscritti nel Registro delle attività sportive dilettantistiche che, a sua volta, richiede come presupposto lo svolgimento delle seguenti attività:
– attività sportiva, intesa come partecipazione ad attività competitive e agonistiche organizzate dagli organismi affilianti;
– la formazione, intesa come la partecipazione ai percorsi di qualificazione indetti dagli organismi affilianti;
– la didattica, intesa come l’organizzazione di corsi sportivi;
– la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica, intesa come l’attività di allenamento degli atleti.

Fonte: Gazzetta Ufficiale

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