La recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 6211/2024) affronta una questione molto rilevante per gli enti del Terzo settore: la distinzione tra le attività “di interesse generale” e quelle “diverse”, così come disciplinate dal Codice del Terzo Settore (CTS), rispettivamente agli articoli 5 e 6.

Il caso riguardava una gara pubblica per il servizio di noleggio di automediche con autista e infermiere. La seconda classificata aveva impugnato l’aggiudicazione a favore di un’associazione temporanea tra ODV, sostenendo che, trattandosi di un’attività che generava utile, non potesse qualificarsi come attività “di interesse generale”, ma come “attività diversa”, e quindi soggetta a specifiche condizioni (tra cui la previsione statutaria).

Il Consiglio di Stato ha però rigettato questa interpretazione, chiarendo che la distinzione tra attività di interesse generale e attività diverse non si basa sul fatto che l’attività generi o meno un utile, ma sul contenuto oggettivo dell’attività stessa. In altre parole, ciò che conta è la natura dell’attività svolta, non tanto le modalità economiche con cui viene eseguita.

Secondo i giudici, infatti, un’attività può rientrare tra quelle di interesse generale (art. 5 CTS) anche se genera un utile, purché questo venga reinvestito per le finalità istituzionali dell’ente e l’attività stessa sia svolta come secondaria e strumentale, nel rispetto dei criteri fissati dal decreto ministeriale n. 107 del 2021. Solo le attività che non rientrano nell’elenco dell’art. 5, quindi oggettivamente “diverse”, richiedono una specifica previsione nello statuto.

La sentenza ribadisce anche che il fine non lucrativo e il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale sono elementi centrali che caratterizzano gli ETS. Inoltre, richiama anche le indicazioni ministeriali (in particolare la circolare n. 20/2018), confermando la linea interpretativa già adottata dall’Amministrazione.

In conclusione, la pronuncia contribuisce a fare chiarezza su un tema spesso fonte di incertezza per gli operatori del Terzo settore, confermando che le attività di interesse generale possono essere svolte anche in forma non gratuita, purché rispettino i vincoli normativi previsti, senza essere automaticamente classificate come “attività diverse”.

 

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