Quando entreranno in vigore le disposizioni fiscali del codice del Terzo settore, a seguito del rilascio dell’autorizzazione della Commissione europea, le Onlus saranno chiamate ad un vaglio decisivo circa la loro natura tributaria che le condurrà ad approdare, rispettivamente, nell’ambito degli “Ets commerciali” o degli “Ets non commerciali”. Di recente, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato un documento di ricerca focalizzato sulle criticità all’orizzonte della disciplina Iva per le Onlus nel delicato passaggio alla qualifica di ente di Terzo settore, alla luce del quadro normativo esistente nonché degli indirizzi giurisprudenziali e di prassi prevalenti. Ne analizziamo brevemente i contenuti, così come le conclusioni avanzate, di molto accoste a quelle che lo stesso Forum ha a suo tempo delineato nelle sue prospettazioni. Va ricordato, in primo luogo, che normativa Iva vigente prevede che una serie di operazioni, attuate dalle Onlus, sono destinatarie di disciplina di esenzione e sono:

15)prestazioni di trasporto di malati o feriticon veicoli all’uopo equipaggiati;

19)prestazioni di ricovero e cura, compresa la somministrazione di medicinali;

20) prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere

27-ter) prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di Aids, degli handicappati psicofisici, dei minori, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo.

Ebbene, il codice del Terzo settore ha previsto che tali esenzioni, nel passaggio “a regime” della disciplina fiscale propria, siano trasferite a beneficio non degli enti del Terzo settore in quanto tali, bensì di quelli aventi natura non commerciale, qualità da determinarsi secondo i canoni prescritti dallo stesso Codice (art. 79). Non si fatica ad immaginare che una parte non minoritaria di Onlus non potranno rientrare nella categoria “non commerciale”, e dunque dovranno abbandonare il regime di esenzione Iva, mentre un ulteriore segmento sarà costretta a valutazioni prognostiche ad alto rischio, se si pensa che la perdita in corso d’anno della qualifica di non commercialità opera retroattivamente, ossia da inizio esercizio, con conseguenze non solo di natura sanzionatoria per le operazioni effettuate, attesa l’inevitabile violazione degli adempimenti strumentali relativi (fatturazione, registrazione, comunicazioni periodiche, pagamento tempestivo),  ma anche con il vigore dell’obbligo di versare Iva mai incassata, in violazione del principio cardine della “neutralità” del tributo per il soggetto passivo. Sulla scorta di una lettura letterale della norma recata dal Codice, l’Agenzia delle entrate, in recenti documenti di prassi, ha escluso che un’impresa sociale possa rientrare nel novero degli enti destinatari del disciplinare di esenzione Iva.

Il documento Fnc conclude sull’opportunità di rivalutare in chiave revisionale il dettato normativo del Codice che restringe l’esenzione Iva(per le operazioni più volte richiamate) ai soli Ets non commerciali, alla luce di due evidenti criticità, una di carattere operativo, l’altra di matrice giuridica.

 

Fonte: Cantiere Terzo Settore

 

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