Come quella toscana, molisana ed emiliana, la legge piemontese assume l’ampia prospettiva di attuazione del codice del Terzo settore nell’ordinamento regionale. Ciò risulta ben chiaro dall’oggetto della legge (art. 2), diretta a i) disciplinare le sedi di confronto fra la Regione e gli enti del Terzo settore; ii) determinare i criteri e le modalità con i quali la Regione promuove e sostiene il Terzo settore, “nel suo complesso”; iii) definire le modalità di coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore nell’esercizio delle funzioni regionali di programmazione, indirizzo e coordinamento e nella realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni della comunità regionale. Le finalità e i principi della legge piemontese (art. 1) sono simili a quelli delle altre leggi citate, specialmente a quelli della legge regionale Toscana. Si afferma infatti che la Regione “riconosce, promuove e sostiene l’autonoma iniziativa delle formazioni sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale e di rilevanza sociale ai sensi degli articoli 2, 3, 4, 18, 32 e 118, quarto comma della Costituzione, valorizzando la funzione delle formazioni sociali sorte dalla loro libera iniziativa” (co. 1). All’interno di tale ampia categoria, è riconosciuto “il valore, la funzione sociale, l’autonomia e l’autogoverno degli enti del Terzo settore che operano e svolgono la loro attività nell’ambito regionale” nelle forme indicate dall’articolo 4 del codice del Terzo settore (co. 2). Gli enti del Terzo settore (Ets) di cui all’art. 4 Cts sono dunque individuati come un sottoinsieme di un ambito più ampio di formazioni sociali la cui autonoma iniziativa è dalla Regione riconosciuta e promossa. Particolare attenzione merita il co. 3: “La Regione riconosce e valorizza le formazioni sociali costituite in gruppi informali, associazioni, fondazioni, enti morali, filantropici e organizzazioni di volontariato anche privi di personalità giuridica, non qualificati come enti del terzo settore ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 117/2017, nonché tutte le altre forme di protagonismo civico, variamente denominate”. Come noto, la medesima disposizione era presente nella legge Emilia-Romagna, ma è stata dopo poco oggetto di una significativa modifica, operata dall’art. 27 della legge regionale n. 7/2023, che ha espunto il problematico riferimento a “enti filantropici ed organizzazioni volontariato non del Terzo settore”. Quelle di “ente filantropico” e di “organizzazione di volontariato” sono infatti qualifiche che il codice del Terzo settore ricollega esclusivamente a determinati enti che possiedono specifiche caratteristiche indicate dallo stesso Codice. Pertanto, il Cts precisa che “l’indicazione di organizzazione di volontariato o l’acronimo Odv, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dalle organizzazioni di volontariato” e che “l’indicazione di ente filantropico, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dagli enti filantropici”. Il “riconoscimento” e la “valorizzazione” da parte della legge piemontese di enti filantropici ed organizzazioni di volontariato “non del Terzo settore” appare dunque alquanto problematica, potendosi generare rischi di confusione tra le qualifiche previste dal Cts e le qualifiche di ente filantropico e Odv non del Terzo settore. Nella definizione dei soggetti destinatari della legge (art. 4) si identificano accanto agli enti del Terzo settore (co. 1: “ai fini della presente legge si considerano enti del terzo settore i soggetti di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 117/2017, iscritti al registro unico nazionale del terzo settore di cui all’articolo 45 del medesimo decreto legislativocon sede o ambito di operatività nel territorio della Regione Piemonte”), anche le “associazioni, fondazioni e altri enti a carattere privato che, senza fine di lucro, svolgono attività di interesse generale ai sensi dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione, ancorché non iscritti al registro unico nazionale del terzo settore”, dei quali la Regione si impegna a promuovere e valorizzare l’operatività. La legge piemontese, allarga lo spettro dei possibili destinatari della normativa, configurando una platea di soggetti più ampia rispetto a quella del Terzo settore giuridicamente inteso.

 

Fonte: Cantiere Terzo Settore

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