“Non trovo lavoro, mi sento un fallito”, confessava un utente.

Solitamente, quando si cerca lavoro si è motivati e “si parte in quarta”. Ma dopo aver fatto molti tentativi senza sortire alcun risultato, subentrano stanchezza, scoraggiamento, frustrazione e una bassissima autostima, fino a farci gettare la spugna e a rinunciare a darsi da fare.
È il fenomeno assai diffuso dei tre milioni e mezzo dei NEET, le persone che in Italia, disilluse, hanno smesso, sia di cerare la loro occupazione, che di intraprendere percorsi formativi che ne accrescerebbe l’occupabilità.
Premesso che l’autostima è ciò che ognuno di noi pensa di sé stesso, il modo in cui ci vediamo, in realtà, il crollo dell’autostima e la capacità di trovare lavoro sono due cose assolutamente correlate tra loro: senza la fiducia in noi stessi, non si è sicuri delle proprie capacità e non si riesce a trovare l’occupazione desiderata. Senza dire che la qualità della vita si appiattisce.
Qui consideriamo il possibile calo dell’autostima legato al prolungarsi dello stato di disoccupazione, Ma la bassa autostima si potrebbe manifestare anche quando si è già inseriti all’interno di un contesto lavorativo, accorgendoci, per esempio, di avere meno esperienza degli altri o non sentendoci all’altezza dei compiti che ci vengono affidati o magari non riuscendo a inserirci tra i colleghi, correndo così anche il rischio che l’ansia prenda il sopravvento.
Se non vogliamo essere il cane che si mangia la coda, quando cadiamo nella trappola di una bassa autostima, dobbiamo venirne fuori prima possibile, tornando ad essere positivi. Ecco alcuni passi fondamentali da compiere.
Capiamo cosa è veramente importante per noi, senza rinunciare a sognare il lavoro che ci farebbe sentire appagati, pronti all’inizio, se necessario, a fare esperienze meno gratificanti, cominciando dal riflettere fiduciosi sulle capacità e le qualità che possediamo e che riteniamo spendibili nel mondo del lavoro.
Fissiamo l’obiettivo da perseguire e troviamo i mezzi per raggiungere un anche piccolo risultato dopo l’altro, senza pretendere, per non scoraggiarci, di raggiungere l’obiettivo in un colpo solo: Roma non è stata costruita in un solo giorno.
Per restare positivi, cambiamo il modo di vedere le cose e dedichiamo parte del nostro tempo libero a ciò che ci appassiona, crescendo così nell’autostima e nelle motivazioni.
Mentre cerchiamo lavoro, diamoci anche da fare per aiutare gli altri, cosa che contribuirà a dare un senso alle nostre giornate e a farci sentire realizzati.
Crediamo in noi stessi e smettiamola di pensare che non ce la faremo: così facendo, mentre diamo la colpa agli altri, diventiamo noi, paradossalmente, il nemico più grande della nostra riuscita.
Quando prendiamo un impegno, facciamolo sapere a qualcuno: il timore di fare brutta figura se non riusciamo, sarà uno stimolo a impegnarci seriamente.
Accettiamoci così come siamo: con i nostri limiti, ma consapevoli che dentro ogni persona, e dunque anche in noi, c’è un eroe che dorme, da svegliare.
Senza motivazioni nessuno fa niente e se non si semina, non si raccoglie. Se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi, se vogliamo realizzare i nostri sogni, iniziamo le nostre giornate prendendo, prima di colazione, una compressa di motivazione.
Schumacher e Hamilton, da piccoli, non sapevano guidare. Una volta, Jacobs, medaglia d’oro ai 100 metri e Tamberi, medaglia d’oro alle olimpiadi di Tokyo nel salto in alto, correvano sgambettando e giocavano saltando come qualunque bambino. “Nessuno nasce imparato”, ma imparare si può.
Rifuggiamo dal vittimismo, che quando non si trova lavoro, è il passatempo più gettonato dagli italiani: “Certo, con questa crisi!”, “Mio padre purtroppo non ha le conoscenze giuste!”, “Viviamo in una società brutta, sporca e cattiva”… Senza ombra di dubbio, l’ambiente tende a condizionarci, ma i responsabili del nostro successo siamo noi stessi. Convinciamoci che se vogliamo realizzare i nostri sogni dobbiamo e possiamo darci da fare.
Se siamo abbattuti per gli scarsi risultati che stiamo ottenendo, invece di scoraggiarci e arrenderci, perché non trasformiamo la frustrazione in una grintosa cocciutaggine che ci spinge a fare di più e meglio?
“La speranza, diceva S. Agostino, ha due bellissimi figli, di nome Rabbia e Coraggio. Rabbia per come stanno le cose e Coraggio per cambiarle.” Non rassegniamoci ad di accettare la situazione nella quale viviamo, troviamo la determinazione per cambiarla.
Come possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare sempre le stesse cose, commettendo sempre gli stessi errori?
Diamoci un concreto e mirato programma d’azione che ci permetta di raggiungere il risultato che desideriamo e individuiamo il tempo per l’attuazione di ogni punto del programma, senza rimandare sempre a domani i singoli impegni: il poi è parente stretto del mai.
Se vogliamo andare avanti sviluppando le nostre potenzialità, non circondiamoci di gente con la quale stare a lamentarci. Piuttosto, troviamo persone che ci spingano continuamente a dare il meglio di noi e con le quali poterci confrontare per discutere e dare vita a nuove idee e nuovi progetti.
Concludendo. Se non stiamo raggiungendo i risultati ai quali aspiriamo, non tiriamo la conclusione di non essere all’altezza o che i nostri obiettivi sono sbagliati. Forse ad essere sbagliati sono i mezzi che stiamo utilizzando per raggiungerli. Impariamo dagli sbagli, prendiamo il coraggio a due mani e sperimentiamo strade nuove.

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